Scendendo dal Monginevra con una guida ben pratica dei luoghi, attratto dalla varietą delle vedute silvestri, lasciai la via de' carri e volsi a destra della Dora internandomi per intricati meandri di balze e valli; e dopo un'ora di cammino, mi giunse all'orecchio un suono di zampogne ed un belar di armenti, e discoprivo capanne di pastori in estesi prati e tra foreste di larici e di abeti.
Lontano dal rumore e dal fasto delle cittą, io mi sentiva beato fra le dimore pastorali, che a Torquato Tasso aprirono tanta vena di verginale poesia, ch'egli, non contento di averle gią maestrevolmente descritte nell'Aminta, tornņ a celebrarle nel settimo canto della Gerusalemme, dove travagliato dal pensiero delle infide corti, forse ritraeva l'ideale di sč stesso, quale avrebbe voluto essere, nel vecchio pastore di Palestina.
A questo io meditava quando sulle cime del Chiabertone levossi una negra nuvola, che a poco a poco stendendosi, andņ a congiungersi con altre; sicchč il cielo delle Alpi, poco prima cosģ limpido e sereno da cambiarsi coi cieli dell'Asia e dell'Africa, si fece ad un tratto grave di tenebre e minaccioso. Si direbbe che l'Ariosto fosse colą andato ad inspirarsi quando dettņ la maravigliosa ottava:
Stendon le nubi un tenebroso veloChe nč sole apparir lascia nč stelle.
La folgore serpeggiava fra le nubi e romoreggiavano i tuoni, e non andņ guari che piovve a diluvio. Affrettai il passo dietro la guida, che ai fini di Bousson mi condusse a ripararmi nella capanna d'un vecchio pastore suo amico.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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