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      Vittorio Alfieri la trovò ai suoi studi tanto benigna, che due o tre anni della stagione estiva quivi abitò la casa Ailliaud, dove scrisse parecchie tragedie. Se la vivida aria delle Alpi, il murmure della Dora e della Ripa, le selve e le valli del Chiabertone potevano nell'Astigiano svegliare la potenza degli estri, forsechè le memorie storiche del paese, un dì martoriato dall'idra feudale, gli hanno suggerito animosi versi contro le perversità della tirannide.
      In capo al paese, sulla via che mette in Francia, salii il poggio abitato un tempo dai Marchesi di Cesana. Pochi avanzi del loro castello, in un piano seminato d'orzo, giacciono fra i larici che incoronano il dirupo, dove uno dei cortesi che mi accompagnavano tolse a narrarmi la fine toccata al signore del paese, al marchese Tolosano Desorus ed alla sua famiglia.
      Quest'uomo era in odio al popolo perchè di balzelli e di mal governo lo angariava, e, quel che è peggio, oltraggiava alla onestà delle donne.
      Avvenne che la giovane sposa d'un pastore, bella non meno che pudica, doveva, come già parecchie altre, soddisfare alla rea libidine del marchese. Lo sposo mosso da amore e gelosia, pensò, non indarno, allo scampo ed alla vendetta.
      La sposa dovea la notte entrare nel castello a piacere del marchese, il quale, in sull'ora convenuta, al sommo d'una scala aspettava con ansia la pastorella, e non appena all'abito, all'andare ed all'acconciatura credette di ravvisarla entrata nell'atrio, che di subito scendendo le scale le corse incontro ad abbracciarla, ed in ricambio dell'amplesso s'ebbe al cuore un colpo di pugnale che lo stese morto.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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