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      Lascio il miracolo sotto le arcate della chiesa parrocchiale, perchè la mia operetta non si vada a pungere fra i pruni delle controversie religiose e le requisitorie del fisco, come toccò al Guerrazzi; e ringrazio il buon curato d'avermi nella sua chiesa condotto alla cappella di San Rocco, ove è tradizione venisse rapita la sacra pisside: e quivi mi additò sull'altare un quadro ch'esso miracolo rappresenta.
     
     
      XV.
     
      Uscito di chiesa, in compagnia di un libro di storia patria, mia assidua lettura, trassi ai prossimi colli, che colle antiche selve e colle acque mormoranti mi ricordavano le balze pastorali d'Arcadia.
      Era un giorno splendidamente sereno, e un'aria tepida e soave, carezzando erbe ed acque, m'induceva nell'animo affaticato così dolce quiete, che mi assisi appiè di ombroso faggio, e, fattomi guanciale del libro, mi addormentai.
     
     
      XVI.
     
      L'Assietta.
     
      Sognai... i sogni dei poeti sogliono essere frequenti di visioni, e fu tale il mio nell'Arcadia d'Exilles.
      Mi sentii trasportato a quattr'ore di cammino fra Exilles e Fenestrelle, su d'un colle fremente di guerra. Io mi sentiva levato sul colle dell'Assietta, cerchiato di povere trincee senza fossi e palizzate e senza artiglierie; ma lo fortificava più che mai la bravura dei soldati piemontesi, che, dal conte di Bricherasco capitanati, difendevano il varco delle Alpi contro la cupidigia dei vicini stranieri.
      Io vedeva quaranta battaglioni francesi divisi in tre colonne, sotto il comando dell'audace cavaliere Bellisle, avventarsi con indicibile ardimento su per quei dirupi al sommo giogo: ed ecco la colonna di mezzo con ventidue compagnie di artiglieria slanciarsi alla pericolosa meta, abbattere le trincee e farne rovina: ma i dieci battaglioni piemontesi bastano a respingere i ripetuti assalti d'uno de' meglio agguerriti eserciti di Francia; e invano le altre due colonne nemiche, a destra ed a manca, tentano l'ardua salita; imperocchè i soldati piemontesi non piegano nè al valore nè al numero de' nemici.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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