«Il terzo monumento ricorderà pure un nome augusto; ma questo sonerà benedetto fra le genti per mantenute franchigie, per agevolate comunicazioni e prosperati commerci.
«Ruderi e rovine ci rimangono delle passate conquiste: arditi porti, appianate vette e traforati monti testimonieranno ai posteri come dirittamente venisse acclamato padre civile delle sue genti Colui, sotto i cui augusti auspìzi, con liberali instituzioni compievansi opere così utili e stupende».
E chiude il suo discorso intonando un brindisi a re Vittorio Emanuele II, brindisi che per le allegre mense viene iterato vivamente, ed allo scrittore di queste pagine inspira versi improvvisi. A sè trasse l'attenzione l'arguto poeta delle Alpi Cozie, Norberto Rosa, il quale, con quella ironia, che gli era familiare, come scandolezzandosi dei diabolici trovati del secolo, e pigliando argomento dal bue, che infitto negli spiedi a sollazzo e ristoro del popolo cuocevasi su la piazza delle armi, così chiudeva le sue bernesche rime:
Oh Re Vittorio!
Rifà il cammino,
I baffi tàgliati,
Metti il codino;
Rimanda all'Erebo
Donde è venutoIl terzo incomodo
Dello Statuto!
Sì, Re Vittorio,
T'affida a me,
In mezzo secoloIo farò, che
Fra noi ritorninoQuelle età sante,
Allor che il popoloSchiavo e ignorante,
Di questo bufaloChe cuoce arrosto
Messo un ereticoAvrebbe al posto!
IV.
I convitati si levano dalle mense e si accolgono qua e là in capannelli, formando o rinnovando amicizie; e tutti in gioviale compagnia muovono per la città, visitando ed ammirando le reliquie notevoli della sua antichità e le nuove bellezze.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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