È Federico Barbarossa, che, al par di Nerone alle fiamme di Roma che arde, esulta, e con selvaggia fierezza si vendica della magnanima Susa, che, sentendosi italiana non meno delle federate città lombarde, lo aveva costretto a liberare gli statichi che seco traeva d'Italia, e aveva osato contendergli il passo, quand'egli incalzato dai fulmini di Legnano e della Chiesa, fuggiva e ripassava disperatamente le Alpi.
VIII.
O desolata Susa! io piango su le tue memorie. Fosti illustre e misera, perchè di rado la gloria va scompagnata dalla sventura. Vera fenice delle Alpi, più volte morta e risorta, predata ed arsa dagli avidi stranieri, che da' tuoi gioghi colle armi si apersero la via fra noi, fosti giustamente appellata Chiave d'Italia, Porta della guerra.
Poche ma eloquenti reliquie ci rimangono dell'antico tuo stato: le lapidi inscritte, che il dotto canonico Sacchetti raccolse nell'atrio del tuo seminario vescovile: le urne sepolcrali in casa dell'onorevole deputato Chiapusso, ed illustrate dal chiarissimo cav. Ponsero: e i due marmorei torsi loricati, memorie di Agrippa e Donno, che furono tanto ammirati dal Canova, e ora sono insigne decoro all'atrio dell'ateneo torinese. Rimane pure la cospicua mole alzata ad Augusto, il marmoreo arco, il quale colle superbe colonne scannellate ai quattro angoli, e i leggiadri capitelli adorni di foglie d'acanto, e la iscrizione latina e la scoltura ritraente un sacrifizio, simbolo di alleanza fra i re delle Alpi e gli imperatori del Campidoglio, mirabilmente ci testimonia l'onore in che le arti erano tenute presso gli antichi Segusini, e fa argomento di quanta eccellenza dovevano essere le terme diocleziane e gli altri monumenti, dispersi non tanto dalla forza del tempo quanto dalla barbarie degli uomini.
| |
La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
|
|
Barbarossa Nerone Roma Susa Italia Legnano Chiesa Alpi Susa Alpi Chiave Italia Porta Sacchetti Chiapusso Agrippa Donno Canova Augusto Alpi Campidoglio Segusini
|