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      Accompagnandolo al salutare ufficio entrammo in una casa rischiarata da insolita luce, e quivi ci si offerse una scena quale in vita mia non vidi mai.
      Un gatto nero dagli occhi scintillanti miagolava fra gli arnesi della cucina, in mezzo alla quale ardeva gran fiamma sotto un paiuolo pieno d'acqua. Uomini e donne, armati di bastone, vi si affaccendavano intorno e attizzavano il fuoco. La più attempata di quelle donne, mormorando parole misteriose, gettò nel paiuolo a determinati intervalli sette piccoli chiodi, sette ramoscelli di rosmarino, sette foglie di malva con altre erbe. Mentre il paiuolo bolliva, tutta quella gente con piglio sdegnoso faceva intorno una sorta di ridda, battendo sul paiuolo con ripetuti colpi di bastone.
      Il gorgoglìo dell'acqua tinta di strana mistura, le mistiche parole piene d'ira, e quel continuo aggirarsi a tondo di gente convulsa, mi ricordarono i due versi del tragico inglese nel suo Macbeth, che si riferiscono alla tregenda delle streghe, e che nel ritmo originale sono maravigliosi pel suono delle voci rispondente al subbietto:
     
      Double, double toil and trouble;
      Fire, burn, and, cauldron21, bubble22.
      Raddoppiate, raddoppiate fatiche e cure;
      Abbrucia, o fuoco, e tu, caldaia, gorgoglia.
     
      Mentre io abbacava per iscoprire la ragione di quel ballo infernale, il medico tornava dalla vicina cameretta, annunziando che l'ammalato era in via di guarigione. Allora i parenti ed amici dell'infermo rinnovarono i loro balli con grida di gioia ripercotendo il fumante paiuolo.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





Macbeth