Quando la brigata e la processione si ferma, gli spadeggiatori si fermano anch'essi, ma in una posizione guerriera, cioè colla mano sinistra sul fianco, colla destra orizzontalmente distesa, tenendo impugnato il manico dello spadone, la cui punta va ad appoggiarsi in terra. Le figure poi, i giuochi, i salti, le parate, le contorsioni, le smorfie somme che questi strani visacci fanno, sono infinite. Ora si abbassano tutti due, o tutti quattro, o tutti otto quasi a terra, tenendo i rispettivi spadoni a due mani, quasi che vogliano forbirne la lama nel suolo. Ora gettano gli spadoni in aria capovolti e li riprendono con assai maestria pel manico. Ora si cambiano in aria i rispettivi spadoni, gittandoseli l'un l'altro a non poca distanza».
XII.
In tali guise armeggiando e danzando bizzarramente gli spadeggiatori accompagnano la processione. Il più bello della bizzarra mostra segue sul prato Paravì. Quivi fra il popolo accorrente rappresentano una scena di rivolta contro il loro duce. Egli si difende dai nemici colla destrezza del suo brando, ma solo non può resistere a lungo contro i molti, nei quali pari alla forza è l'ira. Gli è necessità fuggire. Inutile fuga! I ribelli lo inseguono, lo assalgono, e, prostratolo a colpi di spada e con spari di pistola, lo finiscono.
Vittoriosi si guardano l'un l'altro, quasi interrogandosi: cauti s'accostano, origliando, al vinto duca, e fatti certi che più non respira, copertolo di erba sel portano via.
Quindi acclamano un altro signore; e il nuovo duce adorno di purpuree seriche insegne, con lungo cappello guernito di penne nere di struzzo, è onorato da' suoi guerrieri e presentato di fiori da tre avvenenti donne.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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Paravì
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