Un contadino, che mi ci scorse, additommi su la rustica muraglia lo sbiadito guerriero:
- Quello è Orlando, mi disse.
E accennando dove io sedeva:
- Questo è il sasso spaccato da Orlando Furioso.
Alle parole del colono, meglio che alla lezione d'un retore, io mi sentii spirare d'intorno un'aria piena di romanzesca poesia; imperocchè dalla leggenda del villano traluceva una cara pagina dell'Ariosto, trasportata sulle rive della nostra Dora e vivificata negli affetti del buon popolo alpigiano, che intorno a quel sasso e innanzi alle reliquie di quel dipinto ricorda le corse vittoriose fatte in Val di Susa da Carlomagno e da' suoi paladini.
Al mormorìo delle limpide acque della Dora, e in cospetto alle folte selve che colà ammantano i circostanti piani e le pendici, io immaginava una spelonca presso il sasso famoso, e deliziandomi in tali immagini, ripeteva con l'Ariosto le soavi parole di Medoro24:
Liete piante, verdi erbe, limpide acque,
Spelonca opaca e di fredde ombre grata,
Io povero Medor ricompensarviD'altro non posso, che d'ogni or lodarvi;
E di pregare ogni signore amante,
E cavalieri e damigelle, e ognunaPersona, o paesana e vïandante,
Che qui sua volontà meni o fortuna;
Ch'all'erbe, all'ombra, all'antro, al rio, alle pianteDica: Benigno abbiate e sole e luna,
E de le Ninfe il coro, che provveggiaChe non conduca a voi pastor mai greggia.
XVI.
Mentre io m'inebbriava negli estri d'Ariosto, e mi vedeva innanzi Orlando investito dalle furie della gelosia, ecco all'improvviso avanzarsi a cavallo, e con grande celerità, un giovane animoso, scintillante negli occhi neri.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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