.......Terra d'Italia, io piantoNel tuo sen questa lancia, e ti conquisto.
XXV.
A breve distanza dal Monte Caprasio, presso Chiavrie, si vedono le rovine del quadrangolare castello del Conte Verde. Seduto innanzi alle sue merlate mura meditai nelle pagine del Manzoni il ferale avvenimento delle Chiuse e le contrarie sentenze degli scrittori. Alcuni, fra i quali il Giannone, opinarono essere stata una calamità per l'Italia la sconfitta de' Longobardi, i quali a noi mescolati per consuetudine di vita, e ingentiliti nei costumi nostri, sbarazzatisi de' Greci, avrebbero alla fin fine ricomposte le disgregate parti della penisola in una potente nazione. Altri, per contro, danno lode a papa Adriano I, che richiamò i Franchi, perchè,
....Quando il dente longobardo morseLa santa Chiesa, sotto alle sue ali
Carlo Magno, vincendo, la soccorse27.
e inoltre perchè colla venuta de' Franchi, come asserisce il Manzoni, i Romani ottennero per mezzo de' papi uno stato che li guarentiva dalle invasioni barbariche, e fu un insigne benefizio.
Esaminando le contrarie opinioni, io vedeva nel Discorso del Manzoni, direi quasi, connaturate le anime del Muratori e del Vico, dei quali egli ci dà il più stupendo ritratto che desiderar si possa: e nella tragedia, come ravvisiamo lo stesso cantore dell'Eneide nel pius Æneas, così nel personaggio dell'Adelchi io riveriva la pia e generosa anima dell'autore, che si riconosce in tutte le sue opere, e la riscontrai nella venerata sua persona, allorchè in compagnia del mio dolce amico ed illustre latinista G. Gando andai la prima volta a inchinarlo su le rive del Verbano, e lo trovai dolorante innanzi al recente sepolcro del filosofo ed amico suo Rosmini.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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