La mia mente non riposava, ed ultimo vedeva salire il glorioso martire dell'indipendenza italiana, re Carlo Alberto, che tornò in onore la deserta Abazia, e fece rivivere quello stupendo monumento di antichità cristiana. Egli mi apparve accompagnato dal sommo filosofo Rosmini-Serbati, al cui sodalizio della Carità affidò la cura della risorta Abazia, divenuta, come Superga ed Altacomba, sepoltura dei principi della R. Casa di Savoia.
VIII.
Il monastero, tanto ammirevole e fantastico nella porta poco anzi descritta, non è del pari nell'interno della chiesa: la quale ristaurata più volte, è disforme dalla bellezza delle porte d'ingresso. Ha tre navate, di stile gotico le laterali, di stile romano quella di mezzo, sorrette da grandi colonne ricche di fregi, fra i quali leggonsi lettere Carlovingiche. Sono da osservare alcuni buoni dipinti e l'altare maggiore; un monumento romano con pie sculture dedicato da Servio Clemente alla memoria de' suoi genitori e della moglie, e il bellissimo mausoleo d'un abate, probabilmente Guglielmo d'Acaia, effigiato in pietra, e steso sotto un baldacchino fra quattro colonne.
Per una piccola porta dalla chiesa si discende nell'angusto vestibolo dell'ipogeo, già umile dimora al romito Giovanni di Ravenna. Le spoglie mortali dei Principi di Savoia, tumulate nella Metropolitana torinese, furono nell'anno 1836 da Re Carlo Alberto fatte trasportare alla Sagra di S. Michele e deporre nella chiesa ai lati dell'altar maggiore; e nell'anno 1856 per ordine di Re Vittorio Emanuele II vennero composte con ogni onoranza in distinti avelli nella sotterranea cella di San Giovanni, illustrati dal conte Luigi Cibrario con latine epigrafi, che sono la concisa ed elegante storia dei sepolti e del trasferimento delle loro ossa.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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