Scendendo dal monte volentieri io ripeteva col Verdi:
«O voi, che languite scorati e pensosi,
Poeti d'Italia, dai lunghi riposiSorgete una volta, sorgete a cantar.
Tendete concordi l'orecchio devoto,
Chè un'eco possente del tempo remotoSusurra sull'Alpi, passeggia sul mar».
XIX.
Ripetendo i versi del Prati, c'imbattemmo in quattro popolane dal volto giocondo e rosato, che cantavano sedute sul dorso d'un poggio presso il cimitero della parrocchia di Santa Maria Maggiore, la cui squilla annunziava l'ora meridiana.
Quelle gaie donne erano l'espressione della gioventù che, inconscia delle miserie umane, folleggia fra le macerie della morte.
Tornato altre volte in Avigliana, visitai la Chiesa parrocchiale di Santa Maria, su cui rosseggia l'acuto antico campanile. Un buon vecchio, sagrestano da trent'anni, mi additò in una cappella la Madonna effigiata in tavola da Macrino d'Alba, e facendomi osservare i due biondi angioletti appiè della Vergine irradiati di celestiale bellezza, dicevami che un Inglese avea profferto dieci mila lire per quel quadro.
Forse qualcuno de' nostri filantropi ed economisti avrebbe detto a quel sagrestano, custode amoroso della patria arte cristiana: Perchè non permettere che il quadro del Macrino viaggiasse per Inghilterra, ed accettare in cambio le dieci mila lire? Con quella pecunia il Curato avrebbe potuto degnamente onorare il cimitero della parrocchia, che, povero di croci e di lapidi, pare un cimitero di scettici, e mal difeso da basso e rustico muricciuolo, sta a cavaliere della parte del paese detta il Borgo vecchio.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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