Prima di tutto, lo stile dove si vedono di quando in quando reminiscenze di quelle cadenze rimate colle quali s'intendeva ad abbellire la metà ed il fine dei versi ed anche le prose dei letterati dei secoli xi e xii - Parvus est dictu, sed plenus sensu et uberi fructu - Si posset a me fideliter custodiri, non deberet in me turbatio oriri».
- Oh! sì, sì, codesto è modo antico, esclamò l'Abate.
- Proseguiamo a leggere: «Poi la dolcezza, la semplicità dello stile, la scarsità delle citazioni convengono ai tempi in cui fiorì il fondatore di Sant'Antonio di Ranverso, e spiegano come il libro De imitatione abbia potuto attribuirsi da molti a S. Bernardo, che di alquanti anni lo precedette. Ed all'opposto dimostra il poco avvedimento di coloro che a Giovanni Gerson, cancelliere parigino, e peggio ancora, a Tommaso da Kempis, scrittori dei secoli xiV e xV, e di genio disparatissimo, lo attribuirono».
- Queste gravi ragioni del Cibrario mi entrano nell'animo, sclamò l'Abate francese.
- Ma procediamo innanzi, ripigliai io, vediamo che dice il Cibrario intorno ai codici del famoso libro controverso. Egli ne cita sei: quello della Cava che dalla forma dei caratteri, e specialmente delle maiuscolette, riconosce evidentemente non potersi riferire fuorchè alla prima metà del secolo xiii; quelli di Polirone e di Vercelli, che appartengono al medesimo secolo; quello di Robbio in carta bambagina, ed altrettanto antico; quello di Arona, conservato nella biblioteca della R. Università di Torino; alfine è l'Allaziano, che il Baluzio, il Ducange ed altri autorevoli paleografi, giudicarono del secolo xiV. Ora, signor Abate, sapreste dirmi quando nascesse e quando sia morto il vostro Giovanni cancelliere?
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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