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      Nello scorcio del secolo passato, insieme con altri ordini religiosi, fu soppressa la Certosa di Collegno, e fu riaperta ai frati di S. Brunone dopo il 1815; e nel 1852 venne convertita in succursale del Regio Manicomio di Torino.
      Diciotto cenobiti nel dì della loro soppressione abitavano quell'ampio edifizio, con eleganti portici, col giardino dell'area di trenta giornate e con un vasto e fertilissimo campo. Ora vi sono ricoverati più di 400 matti, gente operaia e campagnuola in gran parte. Entrai per la bella porta della Certosa d'ordine ionico, fra colonne, statue e cartocci, e fui condotto negli ampi chiostri e sotto gli spaziosi porticati, a visitare il luogo assegnato agli uomini, e quello per le donne, e la stanza delle epilettiche. Nessuno trovai legato: molti degli uomini lavorano nei campi vicini e se n'avvantaggiano di salute e di danaro, e molte donne filano, assistite dalle Suore di Carità.
      In quel manicomio, come altrove, si è riconosciuto che l'orgoglio e la superstizione religiosa negli uomini, e la passione dell'amore nelle donne sono le cause principali delle infermità mentali. V'hanno pazzie intermittenti come accade delle febbri; onde talvolta credete di ragionare con un uomo di mente sana, ma poi a un tratto v'accorgete che sta per riassalirlo l'infermità.
     
     
      LIX.
     
      In mezzo dell'ampio cortile sorge un poggio allegrato di alberi. Colà trovai un uomo di bell'aspetto e d'alta statura, vestito di prolisso soprabito bruno, dignitoso del portamento e dello sguardo,
     
      «Lunga la barba e di pel bianco mista»,


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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