«Un piemontese ed un napolitano cantando, sonando e vivendo insieme troveranno il comune tornaconto».
Pietro lo ascoltò attentamente ed acconsentì, vendendo ad un amico di Susa la lanterna magica.
Così innanzi alla statua di Emanuele Filiberto il Napolitano e il Piemontese stringendosi le destre sull'arpa e su la ghironda si dissero fratelli.
Il primo atto del loro musicale consorzio fu sonare ambidue sotto il portico vicino, in faccia alla operosa bottega di C. S. Caffarel; e quivi amabili ed oneste donzelle, sempre in faccenda a vendere merletti, nastri, cuffie e guanti, sospesero le cure del commercio un istante, e vispe si affacciarono alla porta per udire Gennarino che fiso guardandole e sorridendo cantava:
«Io te voglio bene assaiE tu non piense a me».
I due sonatori raggranellando danaro errarono per diverse nostre città; e poi, tornati a Torino, io gl'incontrai tra gli olmi secolari che ombreggiano il Teatro Alfieri.
Colà udii Gennarino cantare le canzoni in dialetto napolitano di Totonno Tasso, e Pietro quelle del Brofferio nell'idioma piemontese; e insieme ripetere l'inno del Tirteo genovese:
«Fratelli d'Italia,
Italia s'è desta».
L'ultima volta li udii nuovamente cantare per le contrade di Genova con insolito brio l'inno del Mameli, mentre si andava preparando la celebre spedizione di Garibaldi per Marsala.
Salutai gli animosi pellegrini e domandai loro se avessero buona fortuna.
- Sì, sì, mi risposero impazienti, ma ora vogliamo anche noi aiutare la fortuna della patria più che la nostra.
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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