Però uscì di Torino dopo di averla vettovagliata e munita coi propugnacoli dell'ingegnere Bertola; e volteggiando nella campagna, si diede con indicibile ardire a molestare qua e là gli assalitori. Il qual modo di offesa alla spicciolata fu la salute della città, perchè l'assedio si potè tirare in lungo tre mesi ed avere l'aspettato soccorso.
Combattevasi a cielo aperto e nelle tentate viscere della terra, e il suolo fecondo di morte era ben disposto a sconvolgersi contro gli assediatori. L'ultimo giorno d'agosto, già i Francesi da Porta Susa mettevano piede in Torino, passando sotto le opere avanzate della cittadella, ma il sergente artigliere minatore Pietro Micca, di Sagliano d'Andorno, risolvette di far saltare in aria ponti e bastioni, e fatto allontanare un suo compagno tentennante, ch'ei disse più lungo d'un giorno senza pane, diè fuoco alla mina, che con orrendo fracasso e magnanimo disastro seppellì sotto le rovine lui e i nemici, entrati in quelle insidiose gallerie.
Cinque giorni dopo, Maria Bricca coglieva all'impensata e faceva prigioni i nemici in Pianezza; e l'otto di settembre l'ardimentoso Principe Eugenio, giunto in buon tempo, saliva con Vittorio Amedeo da Chieri a Superga e dirigeva quella battaglia decisiva che fu detta di Torino, la quale toglieva l'alta Italia ai Francesi, dava gloria al Piemonte, e rassodava in soglio la Sabauda dinastia, i cui signori di Conti e Duchi, pel trattato d'Utrecht diventarono Re.
Chi mai potrebbe adeguatamente descrivere gli atti del valore subalpino in quel famoso assedio?
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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
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