Questo strenuo patrizio qui commendato nella municipale amministrazione, come nella governativa in Ravenna, vuole mantenere incolume la prosperità dell'augusta Torino con ampliate vie e maestosi edifizi, con istituti di credito e nuovi canali di acque, e con tutti i mezzi efficaci al lavoro ed al commercio; e vuole conservate le gloriose aule del Parlamento, eterna testimonianza del senno italiano.
È dolce dire col Marchese Rorà: «Se noi percorriamo i nostri borghi, le numerose officine che vi si trovano possono persuaderci che l'industria già vi esiste; se parliamo con gli stessi industriali, conosciamo che i loro prodotti non servono solo alla consumazione locale, ma sono già esportati in notevole quantità nelle altre province d'Italia ed in parte all'estero. Io sono convinto che noi possiamo aspirare a veder maggiormente svilupparsi la nostra industria»66.
Le speranze del Sindaco abbiano prospero evento, e il Piemonte non cesserà di essere il più gagliardo propugnacolo della monarchia e della libertà d'Italia, sicchè all'uopo i suoi operai saranno soldati, e cittadelle le loro officine.
Il trasferimento della metropoli fu accompagnato in Firenze dalle feste del sesto centenario di Dante Alighieri; e le città italiane per mezzo de' loro rappresentanti con ispontanea allegrezza innanzi alla statua del sommo Poeta rinnovarono il patto di concordia, congregati con musiche e vessilli nella memorabile piazza di Santa Croce.
Colà il magnanimo Vittorio Emanuele II fu salutato nella piena luce Re nazionale.
| |
La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino 1864
pagine 263 |
|
|
Ravenna Torino Parlamento Marchese Rorà Italia Sindaco Piemonte Italia Firenze Dante Alighieri Poeta Santa Croce Vittorio Emanuele II
|