I. SCOLII.
1°. Kepler presto s'avvide, che verun'orbita circolare potea esibire quella di Marte, nè la descrizione equabile delle aree, intorno a un punto preso dentro un circolo, varrebbe a rappresentare il suo movimento. Allora si diè a ricercare qual forma potrebbero avere le orbite planetarie. Dopo lunghe fatiche alternativamente proseguite fra l'esaltazione di uno sperato trionfo, e l'amaro dispiacere di vedersi venir meno una dopo l'altra le sue teorie che, non mostrandosi corrispondenti ai fatti, lo aveano ridotto quasi, come egli stesso racconta, alla pazzia; egli ebbe l'immensa soddisfazione di trovare che appunto un'orbita ellittica descritta intorno al Sole, collocato in un de' fuochi, concordava perfettamente coi movimenti osservati del pianeta Marte.
2°. Trovò quindi, che la sua antecedente teoria delle aree equabili era un'approssimazione, e che dovea enunciarsi con esattezza nel seguente modo: il raggio vettore dell'orbita ellittica di un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali. Questa allora denominò legge seconda, e disse prima legge quella delle orbite ellittiche; la quale è generalissima, potendosi essa dimostrare non solo di Marte, ma di ogni corpo celeste dotato di moto proprio.
3°. Il metodo, che passiamo ad esporre, non è esattamente quello usato da Kepler, e dagli Astronomi posteriori per verificare la legge delle orbite ellittiche; ma spiega almeno come sia possibile lo scoprirla, e dimostrarla.
4°. Questa legge prima si avvera ancora nei pianeti secondarii: dacchè anch'essi percorrono delle ellissi, un fuoco delle quali è occupato dal rispettivo primario.
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