2° L'altro equivoco sarebbe intendere per inerzia una positiva renitenza al moto, una forza determinante alla quiete ed in genere all'inazione. Poichè un corpo, privo com'è di cognizione, non à volontà; e però non à certamente maggiore inclinazione alla quiete, che al moto; e se ci vuole una forza per determinarlo a questo, ce ne vuole una uguale per determinarlo a quella. Cotalchè come resterà stabilmente fermo, se nessuno lo toccherà; così parimente, ove sia una volta messo in moto, si muoverà eternamente e sempre colla stessa velocità; purchè nessuno glie lo impedisca. Quindi è che la continuazione del moto, dopo cessata l'azione dello stimolo, si attribuisce da tutti all'inerzia, o come anche spesso, ma forse men propriamente si dice, alla forza di inerzia.
3° Il terzo errore finalmente consisterebbe nel prendere l'inerzia per la resistenza, che i corpi oppongono ogni qualvolta sono stimolati da una forza qualunque a cangiare di posizione. Noi abbian già veduto (4.) che questa resistenza o è apparente, o è reale. Nel caso che sia reale, talora è qualche cosa di intrinseco al corpo resistente, ed allora o è la forza onde i corpi escludono ogni altro dal lor posto, oppure è la reazione, onde operano sullo stimolo che li determina ad agire; talora è estrinseca al corpo resistente, e dipende dalle forze estranee che tengono questo vincolato sotto di loro. Nel caso poi che sia apparente, proviene dalla distribuzione del moto nelle particelle del corpo, che mostra tal resistenza.
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