Ma allora non à più ritegno, e tutta si riversa pel sifone. Se il getto d'acqua sia continuo, il fatto si rinnovella incessantemente. Ond'è che un sitibondo, il quale tenesse le labbra appressate all'orlo del vaso, soffrirebbe lo strazio di vedere l'acqua a quando a quando salire lentamente fino a lambirgli la lingua, e in un tratto ritrarsi dispettosa e fuggire. Quindi il nome dell'apparato.
3° S'imagini (fig. 188.) un vase (R), dal cui fondo discendano due sottili beccucci (p e q), ed il quale sia traversato da un tubo verticale (On) in guisa, che la bocca superiore (n) del tubo pervenga quasi al cielo del vase medesimo, e la inferiore (O) discenda fino ad una sottoposta vaschetta (V). Se il vase (R) venga riempiuto d'acqua e poi chiuso ermeticamente, il liquido dovrà ritrovarsi fra due pressioni; una delle quali è quella dell'aria esterna esercitantesi sugli orifizii dei beccucci (p, q), e questa sospinge l'acqua a salire sul vase, l'altra è quella dell'aria interna sul livello (u) del liquido contenuto nel recipiente medesimo. Queste due pressioni per se sole sarebbero uguali: ma siccome alla seconda viene ad aggiungersi la pressione dovuta alla colonna di liquido (la cui base è uguale agli orifizii dei beccucci, e l'altezza è pari alla distanza di questi dal livello), quindi è, che l'acqua scola nella sottoposta vasca (V). Poichè per altro questa non à che un orifizio verso il suo orlo (in V), oppure (per C) dà un tenue esito all'acqua; così presto la bocca inferiore (O) del tubo resta immersa sotto il liquido, e si rimane dal dare accesso all'aria, la quale fin qui per mezzo del tubo medesimo ascendeva nel recipiente (R), e riempiva lo spazio abbandonato dall'acqua.
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