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      È l'aria, che ammanta la volta del firmamento di quel bell'azzurro, che è il più gradevole a' nostri occhi, ed il più armonico col verde tappeto disteso sulla superficie della Terra. Il suo continuo agitarsi nei venti leggieri la salva dalla corruzione; la fa partecipe di un equabile riscaldamento; ne dissipa le esalazioni fetide e micidiali; e ne mantiene l'omogeneità, facendole riprendere dalle piante e diffondere con uniformità quei principii, che vien perdendo per le respirazioni e per le combustioni. Il suo impetuoso imperversare nei turbini e nelle procelle la purifica; raccoglie e fa precipitare i sali e le polveri che la ingombrano, e possono essere utili alla vegetazione; sconvolge opportunamente le acque dei viari, per preservarle dal corrompimento e dalla eterogeneità. A lei si deve il sollevarsi dell'acqua nelle trombe aspiranti e nei sifoni; a lei l'alleggerirsi a piacere dei pesci nell'acqua, ed il librarsi dei volatili a sì grande altezza; a lei che la neve possa discendere lieve lieve sui terreni per ricoprirli con una soffice coltre e difendere i vegetali dai rigori del verno. Senz'essa non sarebbe distribuito agli uomini ai bruti, alle piante un sufficiente ed uniforme grado di calore. Senz'essa non sarebbero rischiarate che le cose colpite direttamente dai raggi solari; tutte le altre, e il Cielo medesimo rimarrebbero con un disgustoso contrasto nelle tenebre della notte anche di pien meriggio. Se essa non si scuotesse acconciamente sotto l'impulso degli organi della favella o degli strumenti musicali, se essa non comunicasse di uno in altro suo strato i fremiti che ne derivano nelle sue molecule, se essa non agitasse con un mirabilissimo magistero le varie parti del nostro orecchio; noi saremmo privi delle pure delizie della musica, non sapremmo manifestare i nostri desiderii che a gesti, non conosceremmo veruna loquela, rimarremmo perpetuamente in una stupida idiotaggine.


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Elementi di Fisica Universale
Parte Seconda. Volume Primo
di Francesco Regnani
Stamperia delle incisioni zilografiche Roma
1863 pagine 424

   





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