Così ogni coppia forma superiormente un angolo a lati circolari, sul quale può posarsi l'asse, di una quinta ruota più grande. Poniamo ora, che a quest'asse medesimo sia fermato un capo di una molla d'acciaio, la quale, dopo essersi ravvolta più fiate sopra sè stessa, vada coll'altro capo a connettersi stabilmente ad un braccio immobile. È chiaro che, col girare la ruota grande, la molla s'avvolgerà maggiormente sopra sè medesima, ed imprimerà alla ruota (quando questa sarà lasciata libera) un moto oscillatorio intorno al suo asse. Or questo moto della ruota grande metterà alla sua volta in movimento le quattro piccole ruote: e perciò l'asse della ruota grande soffrirà, sulla intersecazione delle circonferenze delle piccole, l'attrito volvente. Che se a fianco dell'asse della ruota grande sia fissata una lamina di metallo, che possa essere messa a combaciamento coll'asse medesimo, potrà aversi fra i due corpi l'attrito radente. Quando poi il medesimo asse venga appoggiato entro opportune cavità; l'attrito che esso soffre, quando la ruota oscilla, diverrà composto. Siccome in ogni caso le oscillazioni della ruota grande sono prodotte dalla forza medesima della molla; così dal numero di esse si potrà dedurre la quantità di forza che viene distrutta nell'attrito composto, e nel radente, in confronto all'attrito volvente.
III. LEGGI. Sull'attrito, come dicevamo, si sono ritrovate delle leggi più esatte, che in ogni altra specie di resistenza addizionale. E le principali fra esse sono le seguenti.
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