Dopo l'urto i due corpi anelastici debbono essere dotati della medesima velocità. Imperciocchè la velocità del corpo urtato, dopo l'urto, non può essere nè maggiore, nè minore di quella, che avrà parimente dopo l'urto il corpo urtante. Non potrà essere minore: perchè sebbene l'urto si supponga istantaneo, ossia fatto in un tempo inapprezzabile, può nulla di meno decomporsi col pensiero in tanti piccoli urti, fatti successivamente dall'uno contro l'altro, in quel tempetto, che, per piccolo che sia. à però una durata successiva. Or bene: finchè la velocità del corpo urtato sarà minore di quella dell'urtante, questo seguiterà ad insistere sii quello e a sospingerlo innanzi, comunicandogli altri gradi di velocità. Dunque la velocità dell'urtato non potrà infine essere mai minore di quella dell'urtante. Nè potrà essere maggiore. Perchè, appena l'urtato avrà concepito una velocità uguale a quella, che dopo l'urto resta all'urtante, non sarà più percosso da questo, e però non riceverà più verun altro grado di velocità.
Dimostrazione della seconda parte. Già sappiamo, che quanto grande è l'azione esercitata dal corpo impellente sopra il corpo urtato, altrettanta è la reazione di questo su quello. Ora la detta azione, se fosse impiegata sopra un solo punto materiale, potrebbe valutarsi dalla sola velocità, che acquista l'urtato. Ma poichè quest'ultimo costa di molti punti materiali, ognuno dei quali acquista la stessa velocità, che dopo l'urto à il corpo intero, così l'azione medesima deve valutarsi e dalla detta velocità e dalla massa; e però dovrà dirsi uguale al prodotto (2. I. 28°) di queste due quantità: sarà uguale cioè alla quantità di moto acquistata dal corpo urtato.
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