ARTICOLO I
IDROSTATICA
43. Teorema d'Archimede.
Avendo già trattato nella Parte Sperimentale della pressione dei liquidi, e sotto il riguardo della sua uguaglianza, quando è estrinseca, e sotto quello della sua energia, quando è il peso stesso del liquido ed esercitasi sopra il fondo o le pareti del vaso, in cui esso liquido è contenuto; non ci resta che a parlare delle pressioni esercitate dal medesimo sulle pareti dei corpi immersivi. Il che si assomma nel così detto teorema d'Archimede, che può enunciarsi nel seguente modo.
I. TEOREMA. Il peso di un solido immerso in un liquido è sostenuto per quella porzione, che uguaglia il peso di un ugual volume del liquido stesso.
Dimostrazione 1a. La verità del teorema diviene manifesta al solo riflettere che il corpo immerso dev'essere soggetto alle pressioni stesse, dalle quali era equilibrato e sorretto il peso del liquido da lui rimosso: e però anche il suo peso verrà in pari porzione sostenuto. Più chiaramente. Sia (fig. 128.) un parallelepipedo (AB) immerso nell'acqua in modo che la sua faccia superiore giaccia parallela al livello (N) del liquido. Dalle cose dimostrate nella Parte Seconda Sez. I (40) si sa che le pressioni sofferte dalle facce laterali (e perciò verticali) del parallelepipedo sono tutte uguali e contrarie; e per conseguenza elidonsi a vicenda. Ma la pressione, sofferta dalla faccia superiore (D), è uguale al peso di un prisma d'acqua di base uguale alla detta faccia (A), e di altezza pari alla profondità (ND) della medesima: quella poi offerta dalla faccia inferiore (C) uguaglia il peso di un prisma acqueo della stessa base (C), ma di altezza maggiore (=NC). Dunque la spinta in su, cioè quest'ultima pressione supera la prima di tanto, quanto è il peso di un prisma d'acqua di base ed altezza pari a quella del parallelepipedo.
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