All’albeggiar di quel dì l’aria rimbomba del maestoso suono de’ sacri bronzi; apronsi i templi; i divoti vi concorrono in folla; i sacerdoti indossano i loro sontuosi paramenti, alzano le mani al cielo, cantano inni e preci per li beni ottenuti, e per implorarne di nuovi. Terminate le ecclesiastiche funzioni, incomincia la Festa civile, e l’amabile gioia si presenta sotto altro aspetto. Chiusi sono i tribunali della giustizia; il romor delle officine cangiasi in suoni giulivi per le strade e per le piazze; i banchetti si moltiplicano; il vino scorre più in copia dell’usato, e per ciò più vivace è la letizia. Musicali stromenti sparsi di qua di là invitano alla danza, in cui i sessi, l’età stesse si confondono in una; pare sino scremarsi la paterna e materna severità. Con quale impazienza dunque non devono essere aspettati questi giorni? Godesi già di essi coll’immaginazione; e passati, servono ancor di giocondo trattenimento. Per tal modo il popolo dimentica le su giornaliere fatiche, e benedice gli autori della sua felicità.
Oh quanto bella e confortante istituzione fu quella di consacrare con atti solenni le epoche le più importanti della vita, sì liete che tristi! Il nostro cuore, la nostra sensibilità trovano in essi qualche cosa di sì sublime e di sì consolante, qualche cosa che conviene tanto perfettamente ai nostri bisogni, alla debolezza dell’esser nostro, che vengono ricevuti come mezzi celesti e necessarii. Gli antichi Veneti legislatori, che ben sapevano qual’influenza abbiano le idee religiose sull’immaginazione, vollero che il Governo fosse sempre a parte delle solenni cerimonie sacre, e che vi si frammischiasse sempre la devozione e la pompa.
| |
Festa Veneti Governo
|