I suoi nuovi sudditi, cioè i Mori e gli Africani, erano generalmente istrutti sì nell’arte della naval costruzione, che in quella della navigazione; e perciò Genserico operò in modo, che dopo un intervallo di sei secoli, le flotte uscite dal porto di Cartagine signoreggiarono di nuovo sul Mediterraneo. Dopo la conquista della Sicilia, il sacco di Palermo, e le reiterate discese sulle coste della Lucania, fece egli gettar le ancora all’imboccatura del Tevere, e seguito da’ feroci suoi popoli, marciò audacemente verso le porte di Roma. Entrò furioso in quella costernata città, e la fece divenire sua preda. Il saccheggio durò per quattordici giorni; dopo di che Genserico fece trasportare sopra i suoi vascelli tutto ciò che restava delle ricchezze pubbliche e private, dei tesori della chiesa, e di quelli dello Stato. Ciò offerse un nuovo memorabile esempio delle vicissitudini delle cose umane; poichè si videro le spoglie dell’antica Cartagine ritornar da Roma nella vendicata sua patria.
La successione di tanti tiranni discesi in Italia accrebbe sempre più la popolazione delle nostre lagune. Il numero de’ rifuggiti erasi aumentato di molto, senza che per anco si avesse pensato a legge alcuna, nè dato magistrati che invigilar dovessero alla pubblica sicurezza. Fu dunque risoluto, per provvedere alla durata della vera felicità che qui godevasi, di abbracciare una costituzione adatta ai bisogni dello Stato. Si volle dapprima, che ciascuna isola avesse un tribuno particolare, che amministrar dovesse la giustizia, correggere le trasgressioni, e decidere le differenze che potrebbero insorgere fra gli antichi e i nuovi abitanti.
| |
Mori Africani Genserico Cartagine Mediterraneo Sicilia Palermo Lucania Tevere Roma Genserico Stato Cartagine Roma Italia Stato
|