Conquiso costui, e riacquistata l’Italia, Narsete la riunì al Greco impero da cui era stata separata pel corso di settant’un anni. D’indi in poi quel terribile Senato instituito da Romolo, quello che durò tredici secoli, e vide i re della terra venire quali schiavi o liberti di Roma, implorare di essere ascoltati, fu dal Greco vincitore per sempre annientato. Instituì egli gli Esarchi di Ravenna, che furono i rappresentanti dell’imperatore sì in pace che in guerra. Ma quantunque egli avesse tolto all’Italia il suo più bel lustro, procurò nondimeno di richiamarvi la prosperità interna, e di riaccender la fiaccola delle scienze e delle arti. L’ignoranza era divenuta generale, poichè non è già in mezzo al frastuono guerriero e alle stragi, che l’uomo possa con animo sereno abbandonarsi ai pacifici studi. Oltre di che i barbari, come sono generalmente tutti i conquistatori, non avevano tenuto in fiore, che l’esercizio delle armi. Tutta l’Italia, eccettuate le nostre isole, era divenuta mezzo barbara ella stessa, miserabile e spopolata. Alcuni scrittori pretendono, che in que’ cento cinquantasette anni di guerre continue essa tanta gente perdesse, quanta ne contava alla metà del diciottesimo secolo: il che vuol dire un numero assai maggiore di quello, che computar potrebbesi oggidì, attese le replicate sciagure che distruggono la sua popolazione.
A simiglianza di Belisario venne anche Narsete dimesso dal comando. Ma costui mal sofferendo un tale scorno, sfogò la sua vendetta col far piombare sull’incolpevole Italia un torrente di nuovi barbari, col toglierla per sempre ai suoi antichi possessori, e col gettarla tra le sanguinose zanne de’ Longobardi.
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