Non è soltanto la considerazione del suolo sopra cui sono posti, che dia grande risalto al vastissimo recinto; ella è per giunta l’unione e la varietà di tanti diversi caratteri, che forma l’ammirazione del dotto, l’istruzione dell’artista e l’incanto di tutti.
Per tale amore appunto di varietà s’erano più volte uditi alcuni conoscitori dell’arte asserire, null’altro mancare alla gran piazza che un genere di architettura, il quale, a differenza degli altri, facesse unicamente mostra dell’ordine Corintio. Quindi men si dolevano essi della recente demolizione di San Geminiano, sperando di veder sorgere in suo luogo un edifizio, che sotto forme diverse dalle abolite, ed affatto corrispondenti all’uso destinatogli, riparasse a questa mancanza. Ma le speranze andarono fallite, e videro in vece trionfare quella noiosa monotonia, ch’è il difetto principale dell’arte; talchè, sebbene la memoria di ciò che più non è perdasi prontamente, non sarà facile in questo caso che venga dimenticato quel felice accordo di parti, che un dì veniva prodotto dal prospetto dell’atterrata chiesa.
Consoliamoci però che se il recente edifizio colla novità dell’idea non colpisce, ha il pregio almeno di offrire al pubblico un passeggio piacevolissimo in forma di Galleria, mercè la comunicazione testè aperta fra amendue le Procuratie; comunicazione fin ora impedita dall’interposto Tempio. Si lasci a chi più compete l’esaminare, se questo bel vantaggio si avesse egualmente potuto ottenere, anche scegliendo un’architettura diversa dalla presente; e noi congratuliamoci intanto colle nostre Veneri, perchè adesso possono più comodamente far pompa di tutte le loro grazie, e possono i loro Adoni più facilmente seguirle a gara, incontrarle, ammirarle.
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