Già la flotta in breve spazio di tempo viene provveduta di soldati e di marinaj; già salpa. Nel giorno stabilito si avvicina a Ravenna, e sull’imbrunir della notte arriva sotto le mura della città. Il Doge dà il segnale; l’Esarca comincia con tutto il furore l’attacco. I Veneti applicano le scale, entrano in città, respingono, e fanno strage de’ difensori. La sorpresa, e le notturne tenebre aumentano sugli assediati il terrore, e il disordine del combattimento. Chi può sen fugge; gran parte però della guarnigione è tagliata a pezzi: Perindèo resta ucciso; Ildebrando è fatto prigioniere dai nostri, e Ravenna ricuperata, viene sul fatto con magnanima generosità rimessa in potere dell’Esarca.
Questa segnalata azione militare de’ Veneti diede generalmente a conoscere quanto potevasi in avvenire aspettare da un popolo sì illuminato e valoroso. Di fatti Luitprando conoscendo di non potersi vendicar di loro, da uomo saggio dissimulò il suo rancore, e si mostrò pago e soddisfatto che rimesso gli fosse il suo nipote Ildebrando. L’imperatore Leone ebbe oltre modo cara la ricuperazione di Ravenna, ed il Pontefice pure ne esultò. Tutti gli storici convengono fra loro nel dire, che il Doge Orso Ippato superbo di avere diretto la felice impresa, volle ritornarsene alla sua sede trionfalmente, ed ordinò sontuose Feste sotto il plausibile pretesto di celebrare questa prima vittoria delle armi Venete. Ma gli storici di que’ tempi, ne’ quali anarchia e confusione regnava per tutta l’Italia, così male c’informano degli avvenimenti di allora, che poco o nulla possiamo sapere delle Feste celebrate in tale occasione.
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