E in vero si ha campo di ammirare l’ingegno dell’artista, che seppe infondere tanta verità, tanta somiglianza, tanta naturalezza nelle fisonomie e nei gesti de’ suoi personaggi. Su i volti de’ Veneziani leggesi la svegliatezza e la penetrazione del loro spirito; poichè mentre stanno mostrando ai Saraceni i pezzi di majale, la malizia del loro sguardo, e ’l movimento
delle loro bocche palesano in maniera assai viva la compiacenza che provano nel corbellarli. Dall’altra parte notasi nelle fisonomie de’ Saraceni una certa rustica goffezza, e una specie di ripugnanza religiosa nel mirare oggetti dalla loro legge vietati, che gli allontana dal sospettar d’altro. Finalmente per tacere del resto, nel bel mezzo della facciata si collocò l’emblema di San Marco, cioè il suo alato Leone tutto di bronzo dorato. Questo Leone si moltiplicò in infinito non solamente nella Città, ma in tutti i paesi ancora, che appartenevano alla Repubblica; giacchè presso i Veneziani il Lione, cioè il nome di San Marco, s’identificò talmente con quello dello Stato, ch’egli colpisce l’orecchio, e tocca il cuore, direm così, più che la memoria delle tante vittorie ottenute dalla Repubblica. Il buon popolo Adriatico vi accoppia una certa idea di affezione mista a rispetto e a divozion nazionale che trae anche in presente dal petto sospiri di tenerezza, o di dolore al sol vederne le immagini.
Convincente prova di tal verità si è quanto avvenne l’anno 1796, allorchè le vicende politiche atterrata avendo una macchina di quattordici e più secoli, si volle tolto anche lo stemma rappresentativo del Veneto Governo.
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