E chi può dubitare dell’effetto di una istituzione fondata sopra uno de’ primi bisogni dell’uomo, che converte una sensazione passaggiera in un nodo permanente, e che colla felicità particolare degl’individui assicura la felicità generale della società? Non potrebbesi al certo mai abbastanza proteggerla; posciachè concilia sì bene le viste della natura colle viste politiche. Ben videro i nostri maggiori, che questa dolce unione e questo legittimo innesto di schiatte e di famiglie, non solo diverrebbe un mezzo d’ingrandimento e di forza per la patria, ma distruggerebbe altresì ogni germe di dissensione e di rivalità, se mai ve ne fosse a temere. Perciò appunto credettero, che quanto più la pubblicità di quest’atto sarebbe solenne, tanto più gli sposi sentirebbero la forza dei loro impegni e doveri verso la società, e tanto più ancora dal canto suo la società assicurerebbe, e guarentirebbe questa unione a lei troppo preziosa, col prendere gli sposi sotto la sua tutela, e col proteggerli contro ogni genere di attentati. Quindi è che della solennità di celebrare le nozze si fece una Festa veramente nazionale. A questo fine si stabilì l’uso di celebrare quasi tutti i matrimoni in uno stesso giorno e nella stessa chiesa. Il dì a ciò destinato fu quello della Purificazione di Maria, che cade ai due di febbrajo, e la chiesa quella di San Pietro di Castello, detto allora Olivolo. Venivano le spose alla chiesa portando seco la meschina lor dote in una picciola cassa, chiamata Arcella; poichè in que’ felici tempi d’innocenza e di moderazione, non compravasi nè marito nè moglie con oro.
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