Ma quali esse si fossero non sapremmo dirlo, mancandone nelle storie la descrizione, ed essendo state in questi ultimi secoli dimesse. Grandi e magnifiche certo dovettero essere, se concorrevano in numero grande gli Italiani, come alcuni scrittori ci avvertono, non meno per ammirarle e goderle, che per compiacersi del sommo vantaggio, che avevano essi medesimi tratto dal buon esito di questa celebre battaglia. Gli Ugri in fatti sconfitti, svergognati, avviliti, parte montarono su loro carri coperti di pelli, parte montarono in groppa ai loro cavalli, coi quali parevano immedesimati; abbandonando in tutta fretta le nostre contrade se n’andarono a piantarsi nella Pannonia, che da loro fu poscia chiamata Ungheria.
Festa del giornoDELL’ASCENSIONE.
In quei tempi infelicissimi per la bella Italia, in cui sanguinose guerre la straziavano e desolavano, i soli Veneti isolani godevano della maggior tranquillità, ed erano pacifici navigatori e commercianti; ma ben presto furono essi pure costretti a divenire soldati.
Una popolazione barbara e feroce, dotata dalla natura di una straordinaria forza, era uscita dagli agghiacciati climi della Scizia, e dopo essersi trasferita sulle sponde del mar Nero, erasi divisa in due porzioni, l’una delle quali, valicato il Danubio, venne nel sesto secolo a fermarsi nell’Illirio. Indi acquistando sempre nuovo terreno s’inoltrò fino alle spiaggie dell’Adriatico, e vi eresse Narenta città, che comunicò poscia il proprio nome a tutta la nazione. Fortificatisi i Narentani in quel sito, pigliarono sempre maggior animo: penetrarono a mano armata nell’Istria, costrussero vascelli, e si diedero ad esercitare la pirateria per tutto il golfo.
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