Nè Federico aveva forze marittime atte a resistere alle nostre, nè il di lui figlio Ottone era allora in età di poter comandare. Com’è dunque probabile, che i Veneziani, fatto avendo prigione questo giovine principe, si valessero di lui per rappacificare col Papa l’Imperatore suo padre? In mezzo a tanti e sì mal fondati racconti tengasi solo per fermo, che il buon esito dell’accennata mediazione, e lo splendido trattamento fatto dalla Repubblica all’Imperatore ed al Papa, moltissimo accrebbe in Europa la di lei riputazione. Non arrechi quindi stupore, se Alessandro pensò ricompensare alla sua foggia i Veneziani, ricolmandoli d’indulgenze, e se essi conoscendosi benemeriti della Santa Sede, s’indussero a pregarlo di voler loro concedere l’investitura dell’Adriatico, di cui però da quasi due secoli potevano chiamarsi signori. Tale richiesta, che parrebbe oggidì ridicola, nulla avea di strano in que’ tempi, quando l’autorità del Vicario di Cristo era sì rispettata, che i principi cristiani non credevano abbastanza legittimi i loro diritti, e le loro pretensioni, nè bene assicurato sul capo il diadema senza l’approvazione pontificia. E in quanto al Papa, nulla di più caro per esso, quanto l’aver occasione di esercitare un simile atto della sua possanza. E siccome poi il simbolo di ogni investitura era l’anello, così egli uno ne diede al Doge di Venezia, con cui sposasse il mare, e desiderò, che a quella prima solennità della visita quest’altra fosse aggiunta dell’investitura, sotto l’immagine di sponsali.
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