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      Accorrevano que’ prodi in folla a comperar le stoffe, e le drapperie di seta con oro e argento, i panni tinti di viva porpora, i ciambellotti tessuti col morbido pelo delle capre Paflagonie, dette capre di Ancira o sia Angora, li tappeti di Damasco, li cuoj da noi dorati ad uso di fornimento da camera, e simili altri raffinati lavori. Carlo stesso, dice uno storico della sua vita, compiacevasi di portar il robone di stoffa Veneziana. Che più? Le piume di cui avevano spogliati mille uccelli diversi, formavano parte dell’industria di questi novelli artefici. L’arte di sceglierle, di disporle, e forse anco di colorirle valeva a farne degli ornamenti bellissimi, ed i Francesi le acquistavano a caro prezzo, particolarmente perchè i venditori, profittando della loro ignoranza in tutto ciò che non riguardava alle armi, le spacciavano quali piume della favolosa Fenice.
      Queste arti per così dire nascenti non fecero però negliger quelle ch’erano qui stabilite ab antico, anzi concorsero a sempre più perfezionarle. L’arte de’ Fabbri Ferraj rimonta ad un’epoca assai rimota, mentre uno dei primi lavori, in cui si resero celebri i nostri isolani, fu quello delle armi, da cui trassero immensi guadagni, giovandosi destramente delle sciagure dell’infelice Italia lacerata tutto dì da crudelissime guerre. Indi ne fecero grande smercio ne’ paesi Maomettani, ch’erano privi di ferro, tuttochè assai dediti alla guerra ed alla marina. I Veneti fino dai primi loro secoli sapevano ben temprare tutti i metalli, inciderli, intarsiarli, fonderli, amalgamarli, il che al certo esige qualche non lieve cognizione di chimica.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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