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      Certo prete Gregorio sin dall’824 mise in pratica nelle nostre lagune questo gratissimo strumento musicale, e tanta fama si acquistò che venne egli stesso presentato all’imperator Lodovico, il quale lo accolse con tutta cortesia, fermollo al suo servigio, e lo regalò di una ricca Badia in Francia. Un tanto applauso non ha niente di strano per chi conosce la somma industria ch’esige la costruzione di un organo, e il diletto che trar si può da quella celeste armonia. Bensì recar potrebbe molta sorpresa il dono offerto nell’868 dal Doge Partecipazio all’imperator Basilio il Macedone di dodici campane di bronzo. Veramente un tal dono sembra poco degno di sì gran principe, trattandosi di cosa, che, siccome ad ognuno è noto, fu comune anche agli antichi; avendo usato le campane tanto gli Egizj nel prestar culto al loro Serapide, quanto i Greci, e la stessa Roma signora del mondo ne’ templi di Proserpina e di Cibele. Convien però dire, che ne’ posteriori secoli di rozzezza l’arte di fabbricarle fosse deteriorata, e che la veneziana manifattura si segnalasse fra le altre, ovvero toccasse un punto di perfezione affatto sconosciuto da prima, e meritevole di attirarsi le meraviglie de’ forestieri. Sia detto a lode del vero; benchè l’abuso che di questo istromento si fa oggidì, lo renda ingratissimo all’udito; qual mezzo però evvi più di esso efficace, più pronto e men penoso del suono delle campane, o vogliasi chiamare il popolo a recar in qualche parte soccorso, o si ami invitarlo agli esercizj divoti, o bramisi di eccitarlo alla gioja nei giorni festivi?


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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