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      Una porzione apparteneva al Doge. l’altra al Governo, e n’era la custodia affidata ad un apposito Magistrato che la faceva esporre ad ogni occasione di Banchetto. Li Desserts erano tutti di cristallo a colori: opera d’industria nazionale già sì famosa. Questi rappresentavano le imprese, le vittorie, i Veneti trofei. Cangiavansi di forma qualunque volta si offerivano al pubblico. Concorreva il popolo in questa Sala per ammirar lo splendore di tante ricchezze, e di tante opere di buon gusto; ed intanto ritraevane il frutto più atto alla sua felicità, poichè istruendosi, mediante questi quadri mobili, dei fasti della Repubblica, egli vieppiù si affezionava al Governo.
      Le vivande erano le più squisite e le più ricercate. Noi però non avevamo bisogno per questo di ricorrere ai paesi più lontani per procurarcele; chè i nostri mari, i nostri laghi, i nostri fiumi, le nostre terre, le nostre stessa lagune ci porgevano quanto mai sapevamo desiderare. Storioni di una grandezza sorprendente: trote eccellenti non ci lasciavano punto invidiare il famoso rombo di Domiziano; ed alle ostriche del nostro Arsenale, per superar la fama delle lucrine, mancò solo un poeta che le celebrasse. Le frutta primaticcie del nostro litorale, e delle nostre isole davano a conoscere la beata fecondità del loro suolo. Il vino era versato abbondantemente, il che vieppiù eccitava a portare i brindisi all’amicizia, alla comune felicità. Il maestro delle cerimonie del Doge era incaricato di porgerli da una all’altra mensa.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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