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      Questi illustri personaggi si trovavano misti col popolo Veneto, al quale non veniva perciò tolto il diritto che aveva di essere spettatore di queste mense. Vi accorreva in folla, giulivo di poter contemplare dappresso Sua Serenità seduta sul seggio Ducale in mezzo ai suoi ospiti augusti. Non potevasi vedere senza una tenera commozione tutta questa moltitudine resa ardita dalla sua nobile fedeltà, avvicinarsi con sicura fiducia a quelle mense, offerendo al suo Principe, cioè, a’ suoi Magistrati raccolti, i più candidi omaggi del cuore, senza mai sentire la menoma invidia, nè cagionarvi mai il più piccolo disordine. V’interveniva il bel sesso ancora, poichè nulla può farsi in Venezia di piacevole senza l’intervento delle donne. Venivano esse ad abbellire il convito colle loro attrattive, ed avvicinavansi quale all’uno, quale all’altro de’ convitati, da nulla altro trattevi, fuorchè da quell’amabile simpatia che si sente, senza poterne nè meno render ragione a sè medesimo: esse non si mostravano punto restìe a ricevere gentilmente i piccoli doni di fiori, di frutta, e di confetture che lor venivano offerti. Il Doge stesso non credeva offesa la sua dignità alzandosi alquanto dal suo seggio per porgere qualche omaggio alla bellezza, e per dare alla radunanza tutta un pubblico testimonio della sua benevolenza. Se Platone credette giusto il rimproverar Minosse e Licurgo per non avere ammesso le donne nelle loro Filitie, egli avrebbe certamente approvato quest’affabilità del capo della Repubblica, siccome il mezzo più sicuro di affezionarsi i sudditi.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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