Il suo spirito conservossi sempre lo stesso fino a che le circostanze avverse sopravvenute nel quindicesimo secolo per cagion di guerre, ed ancor più della peste, rapirono la maggior parte di quegl’individui, ai quali affidata n’era la direzione. Allora fu che vi s’introdussero giovinastri inesperti ed indotti, i quali prendendo a reggere quel corpo, lo fecero precipitare intieramente, e diedero il crollo alle arti medesime. Il secolo decimosesto recò un periodo di tranquillìtà, il che rianimò lo spirito della società, creò de’ genj novelli, e fece nascere dei capi d’opera. A quest’epoca segnatamente i socj presero il nome di Accademici, ed il corpo quello di Accademia. Nuove leggi allora assai provvide si fecero, e sopra tutto si crearono alcuni professori, che insegnassero quelle scienze, le quali hanno un intimo legame colle belle arti. Si profusero eziandio distinzioni ed onori ai professori delle arti medesime. A tale oggetto appunto il Senato emanò due decreti, col primo de’ quali dichiarò nobili i professori di quest’Accademia o Collegio, cioè concedette, che le loro figliuole o sorelle potessero apparentarsi con persone patrizie, senza che una tale cognazione recasse onta alla nobiltà delle famiglie, in cui fossero entrate. Nel secondo si dichiarò, che tali artisti onoravano altamente la nazione, e procuravano un vero bene allo Stato. Alle quali distinzioni conviene anche aggiungere, che un numero considerabile d’illustri soggetti, non solo di Venezia ma di stranieri paesi, si gloriarono di venire inscritti fra i membri di quest’Accademia, come poscia il furono altresì le accademie stesse di Parma e di Roma, che tutte desiderarono di dare una simile testimonianza di onore a quella di Venezia.
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