La mattina del giorno delle Palme un canonico di S. Marco, detto il Cassiere dell’anno, collocava sull’altar maggiore alcuni panieri di palme artificiali da essere presentate al Doge, ed ai Magistrati, che dovevano intervenire alla funzione. Ve ne avea pe’ canonici, pe’ chierici, pe’ musici e per gli uscieri del Doge, di men belle però, ma tuttavia lavorate con molto buon gusto. La palma del Doge, fatta a piramide triangolare, distinguevasi sopra tutte per ricchezza e per eleganza. Il manico ch’era tutto dorato, portava lo stemma del Doge maestrevolmente dipinto; le foglie erano tutte d’oro, d’argento e di seta, accomodate con somma industria ed intrecciate con grazia. Questo finissimo lavoro usciva dalle mani delle Suore di Sant’Andrea, che non ci erano l’eguali per opere così fatte. Esse altresì formavano la palma del Primicerio, inferiore a quella del Doge, ma non per tanto men bella.
Benedicevansi le palme, indi si distribuivano fra ciascuno degli assistenti. Veniva poscia la messa solenne accompagnata da un’eccellente musica, dopo la quale il Clero faceva una processione intorno alla Chiesa, venendo seguito dal Doge, da’ Magistrati e dal popolo portante in mano un ramo di ulivo. Giunta la comitiva dirimpetto alla porta maggiore faceva alto, ed i cantori intuonavano l’Inno: Gloria, laus et honor. Intanto che il coro cantava, alcuni sagrestani saliti sulla loggia esterna della facciata, davano al volo alcuni uccelli di varie specie, e segnatamente molte coppie di Piccioni, che portavano certi cartocci legati alle unghie, affinchè non potessero volar alto, e fossero costretti a calar presto a terra, il che porgeva comodo al popolo ragunato in piazza, di prenderli e di serbarseli per delizioso cibo il giorno di Pasqua.
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