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      Avveniva dunque che ciascun anno alcune coppie di questi timidi colombi, spaventati dal tumulto e dalle grida, ma però abbastanza accorti per non ispendere a vuoto i loro sforzi, si sollevavano per l’aria cercando qua e là un asilo. E dove potevano essi trovarne uno più sicuro e più felice, quanto in un luogo di pace consacrato a Colui, che tanto s’era compiaciuto in crearli? Nel tetto adunque della famosa chiesa di S. Marco i piccioni si ricovravano. Alcuni eziandio ebbero rifugio sotto a’ piombi del coperto Ducale, quasi avessero voluto co’ loro teneri lamenti ricreare e distrarre gl’infelici abitatori di quelle carceri. Questi pennuti coloni formarono una Repubblica, la cui base fu una libertà senza discordie, una comunità senza invasioni, e condita di tutte le delizie dell’amore. Da quel momento in poi essi si tennero quasi posti in salvo da ogni persecuzione, e scordati tosto di quella che avevano sofferto, furono visti frammischiarsi con fidanza in mezzo a quel popolo, che poco prima era stato loro nemico.
      Compiacendosi i Veneziani di quest’amabile confidenza, si fecero un sacro dovere di non turbare mai più la tranquillità di que’ Repubblicani; anzi spinsero a tale questo sentimento affettuoso, che vollero rispettar in essi la specie tutta, e si contentarono che il dì delle Palme venissero dati in balìa altri uccelli, tranne i colombi. Ecco in generale il carattere del popolo: un sentimento di dolcezza e di bontà lo attrae spontaneamente a favorire e a sostenere chi è debole; e se talvolta è crudele, ciò nasce per un impulso straniero.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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