Gl’infelici avvenimenti accaduti nel 1796 diedero fine alla Festa, ed a’ suoi molti piaceri. Non è però a dirsi che ogni cosa svanisse, poichè le persone divote possono tuttavia soddisfare al loro sentimento, portandosi a quel medesimo tempio di S. Giorgio, riaperto non solo alle quotidiane preci, ma alla celebrazione altresì di quelle medesime solennità ne’ giorni medesimi che hanno esse luogo in S. Marco. Altro oggetto pure può invitare oggidì a quell’isola, dove venne stabilito il Porto-Franco, che presenta ai Veneziani una prospettiva lusinghiera, ed offre nel tempo stesso ai curiosi un’opera veramente degna di venire osservata.
Grandi scavazioni furono necessarie per dar ingresso alle pesanti navi mercantili, e perchè potessero facilmente approdare. Un vasto molo forma il recinto, ed agevola lo sbarco delle mercanzie, che debbono essere depositate negli ampli magazzini eretti di faccia. Ingegnosissimo e veramente ammirabile fu il ritrovato del nostro celebre ingegnere Venturelli per sostenere del molo le fondamenta. Dirimpetto ad esso fu costrutta una larga sponda marmorea, alle cui estremità sta attaccata una forte catena di ferro per chiudere l’ingresso e l’uscita alle navi, e separar quelle merci, che dirette per esteri Stati devono transitare con assoluta franchigia, da quelle che destinate al consumo della città o delle adiacenti provincie sono soggette al pagamento de’ pubblici diritti. Il bacino è capace al meno di 18 bastimenti mercantili. Che se a taluno può sembrare alquanto ristretto per la città di Venezia, osservare egli deve, che non trattasi già di quella Venezia, il cui lustro spargevasi sul mondo tutto, e la cui preponderanza commerciale dava leggi all’universo; nè di quella Venezia sì ricca, in cui la folla dei navigli ancorati era tale da rendere difficile e stretto il passaggio delle gondole nel vasto canale della Giudecca; nè di quella Venezia a cui giugneva ogni giorno, anche da’ soli fiumi, sì gran copia di mercanzie, che la città tutta parea un quotidiano mercato; non infine di quella Venezia che era l’emporio di tutte le nazioni, e il cui commercio estendevasi dall’Abissinia alla Svezia, dalla Persia alla Spagna; ma trattasi di quella Venezia, che più d’ogni altra città ha perduto nelle rivoluzioni politiche, che per i progressi delle altre nazioni non può più essere ciò che fu, e che deve sostenere la concorrenza degli altri porti del Mediterraneo.
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