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      Usavasi scegliere a tal fine un uomo di professione marinajo, forte di petto e di reni, che potesse lungamente resistere ad un viaggio sì violento e sì strano: perciocchè gli anelli non lo ritenevano se non ai piedi e alle spalle, affinchè agli occhi degli spettatori si presentasse, per quanto potevasi, sotto il vero aspetto del messaggiere celeste, che fende l’aria per eseguire i comandi di Giove. Il leggiero farsetto ond’era vestito, i nastri che gli svolazzavano indosso, i sonetti che per l’aria spargeva, il suo volto composto a letizia, i suoi gesti, le sue voci di gioja, tutto giovava all’illusione, ed inspirava nella moltitudine spettatrice ammirazione, premura, trasporto.
      A questa scena venivano dietro le Forze di Ercole, che così i Veneziani solevano chiamare certa gara tra’ Castellani e Nicolotti. Di esse non puossi formar idea giusta senza averle vedute. Immaginiamoci però di scorgere sopra un apposito palco costrutto in sul fatto, perchè il popolo anche da lungi tutto mirar potesse, erigersi a vista d’occhio un bellissimo edificio composto di uomini, gli uni sovrapposti agli altri sino ad una grande altezza. Mercè delle loro positure e scorci diversi, questo edificio rappresentavasi sotto differenti forme, a norma del loro immaginato modello. Or era una piramide egizia, ora la famosa torre di Babilonia, ora ciò che può offrire alla vista di meglio l’architettura navale e civile. Nel far ciò non si valean d’altro ajuto che delle proprie braccia, degli omeri loro, ed alcune volte di certi lunghi assi che posavansi sulle spalle, o su qualche altra parte del corpo, onde vieppiù legare e strignere tutti i membri di questa fabbrica equilibrata, di cui essi medesimi erano gli architetti, inventandone il disegno, ed erano anco i materiali, somministrandovi i loro corpi, e la combinazione delle loro forze.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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