Inoltre per tenere più viva la memoria di questo possesso, si volle che il Doge con tutto il suo augusto corteggio si recasse ciascun anno il dì primo di maggio a visitare le Vergini. Egli cominciava dall’entrar nella chiesa, e dall’assistere ad una messa solenne celebrata da un Vescovo da lui prescelto, e cantata da’ musici della sua cappella. Compiuto il sacrificio, veniva al parlatorio, ove la madre Abbadessa vestita di un lunghissimo manto bianco, con in capo due veli, uno bianco e un nero, che scendevano a coprirle la vita, presentavasi al Doge seguita dalle sue consorelle, e dalle giovanette affidate alla sua educazione. Ella parlava per tutte: e fatto al Doge il complimento, offrivagli un mazzetto di fiori col manico tutto d’oro, circondato di finissimi merli di Venezia. Il maestro di cerimonie del Doge ne dispensava uno alquanto inferiore al Vescovo, al Nunzio apostolico, ed a tutte le persone del seguito, secondo la commissione avuta da quelle religiose. È ben naturale, che il Doge nell’accogliere il gentil dono aggiungesse molte parole cortesi alla Madre Abbadessa. Interrogavala con premura di ciò che poteva spettare alla comunità; le offeriva la sua cordiale assistenza qual vero e legittimo protettore, e s’informava intorno alla riuscita delle giovani allieve. Beate quelle che per i vincoli del sangue potevano venir presentate, come le più meritevoli di tanto onore! Questa bella distinzione, e gli elogi del Capo della Repubblica pronunziati in faccia a sì augusta assemblea, potevano a giusto diritto lusingare il loro amor proprio, contribuire ai felici progressi della loro educazione, e rattemprare il dolor delle madri per una separazione ad esse comandata dall’uso comune.
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