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      solidità, precisione, eleganza. Simile discorso figlio dell’ignoranza, o della superbia, o dello sprezzo di quanto v’ha dell’antico, e forse di tutte queste cause insieme, persuase i direttori francesi delle costruzioni navali, che si distruggessero le volte di alcuni cantieri, ben certi che non vi potessero capire vascelli da guerra. Ma il nostro celebre ingegnere Salvini mettendo all’acqua un suo vascello lavorato al coperto, pari in ogni sua parte a quelli da loro lavorati in luogo scoperto, mostrò col fatto ch’essi avevano il torto. Migliaia di persone ne furono testimonio, non che tutte le autorità costituite di quel tempo, appositamente concorse per vedere quella nobile gara. Ogni cuor Veneziano balzò dalla gioja, e da ogni bocca uscirono viva sonori. Somma infatti fu la gloria acquistata anche in questa, come in tante altre occasioni, dal sig. Salvini, che sì bene sostenta tuttavia la fama della nostra marina, la quale fino a questi ultimi tempi gareggiar ci fece colla nazione fatta signora di tutti i mari, con quella nazione che seppe ammirar i vantaggi del nostro Arsenale, e che adesso prova un misto di compassione e di rabbia, veggendo scomparse tante ricchezze utilissime, e dall’altrui fatale presunzione deformati i cantieri più belli. A questa singolar perdita un’altra se ne aggiunge ancora più crudele. Serbava l’Arsenale una copiosa serie di cannoni d’ogni specie, cominciando dalla loro origine, quando si usavano di cuojo, e discendendo a tempi più bassi, quando il ferro ed il bronzo parvero materie unicamente opportune per sì micidiali stromenti.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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