Ad essi affidata era la custodia di tutti i luoghi della città più ragguardevoli e più gelosi. Allorchè i Patrizj si raccoglievano nel Maggior Consiglio, era una porzione di questa famiglia, che forniva di guardie il palazzo. Questo palazzo stesso era interamente posto in loro balìa all’occasione di un interregno. Un drappello di loro custodiva, durante la notte, la pubblica piazza, il tesoro di S. Marco, e que’ due gran serbatoj della nazionale ricchezza, il Banco giro e la Zecca. L’Arsenale stesso, fondamento primario della nostra potenza marittima, della nostra grandezza, della nostra gloria, era consegnato alla loro fede. Ducento fra essi giravano tutta la notte e dentro e fuori delle sue mura; e benchè non dovesse cader ombra di trascuraggine in loro, pure venivano preseduti da uno de’ primi architetti, e sopra tutto da uno de’ tre Governatori dell’Arsenale, che nel suo mese di guardia non abbandonava pure un momento il geloso ricinto. Questa somma vigilanza era tanto più necessaria, quanto che ogni soccorso in caso d’incendio non solamente nell’Arsenale, ma nella città tutta, dai soli Arsenalotti traevasi. Ad un tocco di campana a martello accorreva tosto il Patron di guardia colla sua numerosa comitiva. L’ammiraglio, ovvero il più anziano fra gli architetti, assumeva il comando. Le trombe stabilite ne’ differenti quartieri della città, da essi soli si maneggiavano; essi soli abbattevano quelle parti degli edifizj, che parea necessario di distruggere per togliere la comunicazione con quelle già attaccate dal fuoco.
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