La flotta Veneta lieta per tanti vantaggi, ritornò a Venezia ove ricevette veraci contrassegni di generale approvazione.
Non assai tempo durò tal riposo. L’anno 1117 le cose de’ Cristiani in Oriente erano a mal partito ridotte, e la Sorìa stava per ricadere in mano degl’infedeli. Quindi Baldovino risolse di spedire oratori a Venezia per implorare soccorsi novelli. A tal fine riconfermò non solo tutte le concessioni di prima, ma ne offerse anche di più ampie riguardo al commercio. Se non che mentre in Venezia si dibatteva su tal punto, giunsevi la notizia che Baldovino era stato fatto prigioniere e chiuso in un castello da’ barbari. Simile sciagura avrebbe potuto rendere vani li maneggi degli oratori, ma i Veneziani ben sapendo calcolare i loro interessi, deliberarono di porre in ordine colla maggior prestezza una flotta; e più di cento vele comandate dal Doge Domenico Michiel ben presto uscirono dal porto.
La squadra andò prima in Dalmazia a rinforzarsi di legni e di marinaj. Un vento propizio in pochi dì la condusse dinanzi all’isola di Cipro. Di là passò a Jaffa, dove una flotta d’infedeli corseggiava a vista del porto. Parve al Doge essere quella l’occasione propizia di segnalare il proprio zelo e quello de’ suoi. Tosto si sforzano le vele onde raggiungere il nemico, che d’altra parte si allestisce anch’egli all’attacco con risoluta fermezza. I Veneziani danno principio con lo scagliare una nube di giavellotti, e già orrenda carneficina di qua, di là comincia. Non si discerne più il valore dalla ferocia; il sangue corre a rivi, l’aria rimbomba dello strepito delle armi, del fracasso de’ vascelli, dell’urto de’ combattenti, del gemito de’ feriti e de’ moribondi.
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