Il Michiel mal sofferendo un tal ritardo propose di commettere la decisione alla sorte. Questo destro espediente, sì acconcio in tempi d’ignoranza e di superstizione, ei lo credette il più sicuro e il più pronto per togliere soggetto di disputa e troncare le difficoltà. Di fatto la sua proposizione venne con trasporto accettata. Per rendere poi più solenne quest’atto politico, si decise che si cavassero le sorti nella chiesa Patriarcale. Si venne dunque al tempio; vi si celebrò il santo Sacrifizio con pompa; e l’urna contenente tanti biglietti quante erano le città proposte per l’assedio, fu collocata sopra l’altare, e scelto un fanciullo per l’estrazione, volle il cieco destino porre nell’innocente mano Tiro.
Questo tratto della sorte fu preso per un augurio felice. E veramente il caso non poteva secondar meglio le mire de’ Veneziani. V’hanno poche città celebri al pari di Tiro. Fondata da Agenore figlio di Belo, essa fu per lungo tempo la sede delle arti e del commercio. Le sue colonie si diffusero per tutta la costa dell’Africa, vi fondarono Utica e Cartagine, e sulla costa d’Europa innalzarono Cadice, non lungi dalle colonne di Ercole, che allora consideravansi come gli estremi confini del mondo. Bellissima era la sua posizione, e tutta la spiaggia circonvicina era deliziosa per la fertilità, per la squisitezza de’ frutti, e sopra tutto per la dolcezza del clima, mentre e primavera e autunno colà regnavano a gara, portando insieme l’una i suoi fiori, l’altra i suoi frutti.
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