Le galee Veneziane stavan sull’ancora. Egli le fece sguernire di timoni, di alberi, di vele, di tutti insomma gli attrezzi navali; ne caricò il dorso de’ suoi marinaj, e sceso a terra con essi, comparve al campo alla testa di sì impensato convoglio. Ivi con quel tuono franco che nasce da un vero sentimento di onore e da una pura coscienza, parlò all’armata, che attonita il guardava. Le fece comprendere, che i Veneziani non sapevano che fosse viltà o tradimento; ch’essi bensì erano sempre fedeli ai loro impegni anche in mezzo ai più tremendi pericoli; che ad ogni modo non volendo soffrir più lungamente di essere sospettati rei, erano venuti a depositare nelle mani di essi il pegno della loro fedeltà e della loro risoluzione. Fece allora schierare alla comune vista tutti gl’istrumenti, senza de’ quali ogn’idea di partenza rendevasi vana. Ordinò ai soldati di Baldovino d’esserne i depositarj, indi soggiunse: «Ecco che adesso il nostro rischio è ancor più grande del vostro; voi non avete a temere che il ferro del nemico, noi il furore di tutti i venti; voi potete fuggire, per noi è tolto ogni scampo.»
Questa condotta veramente eroica del Doge riempì di stupore e di ammirazione l’esercito. I Generali. fecero sommi encomj al suo coraggio, alla sua intrepidezza, nè vollero per nessun patto permettere, che tanti bravi guerrieri ed un sì gran numero di vascelli restassero esposti a perire ad ogni picciol soffio di vento; e rivolti al Doge il pregarono a voler disprezzare le ciarle d’una turba ignorante, a viver sicuro della loro piena fiducia, ed a ripigliare tutti i suoi attrezzi marittimi.
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