Da di là si mise egli a percorrere le isole di Scio, di Samo, di Paro, d’Andro, di Lesbo, tutte in somma le Cicladi, e vi ebbe grande prosperità. Malgrado però tanta gloria e sì grandi vantaggi, il Michiel trovossi sul punto di perdere il frutto delle sue imprese, perchè gli mancò al maggior uopo il danaro onde pagare le truppe; quindi e soldati e marinaj si diedero, secondo il solito in simili casi, a mormorare del loro capo. Per prevenire gli effetti funesti di tale ammutinamento egli mandò in giro una moneta di cuojo, su cui fece improntare il suo nome, e ordinò a tutti i provvigionieri dell’armata di riceverla, promettendo sul suo onore di rimborsarli in contanti tosto che fosse giunto in Venezia. La fiducia che aveva in tutti inspirato la di lui pubblica e privata condotta e la sua alta riputazione, non permisero che alcuno dubitasse della sicurezza del pegno ch’ei presentava, e gli venne pienamente accordato quanto egli ricercava. È inutile il dire che mantenne esattamente la sua parola. Egli è in memoria di questo fatto sì utile e singolare, che si aggiunse in uno dei quadrati del suo stemma gentilizio la rappresentazione di alcune monete.
Dopo ch’egli ebbe attraversato tutto l’Arcipelago, determinò di ritornarsene a Venezia. Passando lungo le coste della Morea, conquistò Modone, e postavi guarnigione andò a riposare in Sicilia. Li primati del regno ed il popolo stesso, non sì tosto seppero il suo arrivo, gli corsero incontro, ed accesi da un vivo entusiasmo pe’ suoi luminosi meriti, gli offrirono il diadema regale, pregandolo di renderli felici coll’accettarlo.
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