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      I raggi del sole indoravano i tetti de’ templi e de’ palagi, e si riflettevano sulla superficie delle acque. Le mura formicolavano di soldati e di spettatori. Tanta moltitudine di gente valse per un momento ad indebolire il coraggio de’ Crociati, molto più considerando, che dalla nascita del mondo non erasi giammai osato tentare un’impresa sì perigliosa. Ma l’eloquenza del Dandolo seppe rianimar il valore e le speranze in tutti i cuori, ed ognuno gettando gli occhi sulla propria spada o sulla lancia giurò di vincere o di morire gloriosamente.
      Prima però di nulla intraprendere, si deliberò di spedire Ambasciatori all’usurpatore Alessio, intimandogli di rimettere la città e lo scettro a Isaaco ed al giovane Alessio, che n’erano i padroni legittimi. Il tiranno non solo ricusò di arrendersi, ma minacciò persin della vita gli stessi Ambasciatori. Tal rifiuto fece risolvere li Crociati a non più dilazionare l’attacco della città. Sì bene corrispose la riuscita, che ben presto i Greci furono ridotti alla disperazione. Si sollevarono essi contro l’usurpatore, il quale potè a stento fuggire ricovrandosi in Tracia, e non lasciando di sè altro vestigio che un ricco stendardo, per cui i Latini poterono poscia conoscere, che combattuto avevano contro un Imperatore. Il popolo allora corre alle carceri, ove sta rinchiuso il vecchio, il cieco, lo sventurato Isaaco, spezza le sue catene, lo ristabilisce sul trono, prostrasi a’ suoi piedi senza ch’egli discerner possa l’omaggio vero dalla gioja simulata.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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