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      Ed in fatti da questa i Latini non trassero che un vantaggio abbagliante e passeggiero, mentre i Greci piansero sulla rovina irreparabile della patria.
      Si venne alla divisione del bottino. V’ha chi pretende, che i Veneziani vedendo come i Francesi si rivendevano a vil prezzo ai Greci tanti sontuosi monumenti, e colavano per avidità di oro gli avanzi preziosi delle statue di bronzo che rimanevano tuttavia dopo gli incendj della città, che consumato aveano immense ricchezze, atterrati gli edifizj, mutilate le statue, abbiano essi offerto di prender per loro la massa totale delle spoglie, dando a ciascun cavaliere quattrocento marche d’argento, ducento ad ogni prelato e ad ogni ufficiale, cento ad ogni soldato. Se falsa è la tradizione, vero è però che i Francesi nulla recarono con sè, ed i Veneziani all’incontro, più esperti conoscitori anche in quel secolo delle arti belle, vi trasportarono quantità di ricche suppellettili, gioje, pietre, anelli, tratti dal tesoro imperiale, vasi d’oro, d’argento, d’agata, sorprendenti per la loro grandezza, i quali erano stati portati in trionfo da Gneo Pompeo dopo la sua vittoria su i Re Tigrane e Mitridate; coppe di turchina, di diaspro, di amatista, lavorate da’ più insigni professori dell’arte: monumenti illustri dell’ingegno degli Arabi che vi aveano scolpiti de’ caratteri nella loro lingua. Tutto ciò rende probabile, ch’essi inoltre quindi apportassero e quadri, e statue, e manoscritti. Ma è fuor di dubbio che vi asportarono que’ quattro cavalli di metallo dorato, non meno famosi pel loro moltiplice traslocamento, che per la venustà delle loro forme.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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